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FORMULA 1 | GP LAS VEGAS 2024 | Roulette Russel (…e Verstappen cala il poker)

by Massimiliano Franchetto
FORMULA 1 | GP LAS VEGAS 2024

Nella serata in cui Max Verstappen, grazie ad un ponderato quinto posto, si aggiudica come da copione il suo quarto titolo iridato, George Russell, al volante una Mercedes tornata inspiegabilmente a volare, vince autorevolmente il GP di Las Vegas, disputatosi sul veloce tracciato cittadino della Città del Vizio.  Se il fatto che il campione olandese potesse riconfermarsi tale proprio nella gara del Nevada, era un’ipotesi tutt’altro che campata per aria, la vittoria dello spilungone di King’s Lynn era, fino alle prime prove libere del venerdì, assolutamente inaspettata, al punto che gli stessi uomini Mercedes, piloti compresi, hanno ripetuto per tutto l’arco del weekend di non aver capito il motivo per cui le loro monoposto fossero cosi  veloci. Qualcuno ha azzardato l’ipotesi che le temperature rigide abbiano favorito il feeling delle frecce d’argento con le gomme, tuttavia, a nostro modesto parere, questo estemporaneo dominio è frutto del sovrapporsi di una serie di fattori, che vanno dalla configurazione del circuito, all’assenza di avversari diretti come la Mc Laren, tornata bruscamente sulla Terra dopo essere stata costretta ad abbandonare le famigerate “ali flessibili di Baku”, passando per i pasticci combinati dalla Ferrari e, last but not the least, per una serata in cui Verstappen si è divertito ad imitare Prost, anteponendo i calcoli al furore agonistico.

Ad ulteriore conferma della grande competitività mostrata dalle monoposto anglo-tedesche, la superlativa gara di Sir Lewis Hamilton, autore di una splendida rimonta dal decimo posto in griglia, frutto di una serie di sbavature in qualifica, fino alla seconda posizione a cinque secondi dal proprio compagno di squadra, il tutto condito con una frecciatina, a nostro avviso non del tutto casuale, al proprio team, quando, nel tentativo di attaccare le Ferrari, il sette volte iridato ha sottolineato quanto le rosse fossero velocissime sul dritto. Un po’ come dire: “occhio, perché l’anno prossimo su una di quelle macchine ci sarò io…” , con buona pace di Toto Wolff e compagnia, ma soprattutto di chi non perde mai occasione di definirlo “bollito”, ad iniziare da Bernie Ecclestone. Già, proprio lui, che nell’86 non esitò ad offrire una cifra spropositata a Lauda per convincerlo a non appendere il casco al chiodo e sdraiarsi nell’angusto abitacolo  della maledetta Brabham BT 55, detta anche “la sogliola”.  Passati i novanta, qualche parola a sproposito può anche scappare…

Pasticci e psicodrammi in casa Ferrari, la grande favorita della vigilia, più per autoproclamazione che altro. Al via un errore di Sainz, bravo comunque ad arpionare la prima fila al sabato, favorisce il sorpasso di Leclerc che poi, in un azzardato tentativo di attacco ai danni del leader Russell, rovina le sue gomme, ritrovandosi così costretto a sostituirle dopo soli nove giri. Se dopo la prima sosta il monegasco ha mostrato comunque un ritmo superiore a quello del suo compagno di squadra, forse anche perché pressato da Hamilton in rimonta, al momento del secondo pit stop il muretto Ferrari combina un disastro: prima chiede vanamente a Sainz di far passare Leclerc, poi costringe lo spagnolo a rimanere fuori un giro in più, avvisandolo quando si era già infilato nella corsia di decelerazione e rischiando così una penalità.  Negli ultimi giri, in cui, come dicevamo, Verstappen entra in “modalità-Prost” evitando di duellare con le Ferrari, Leclerc si fa cogliere da quella che potremmo definire “la sindrome di Reutemann”: dopo essere stato superato da Sainz nonostante il muretto gli avesse dato ordine di non attaccarlo (forse ha ragione Charles, quando sottolinea che il team order avrebbe dovuto essere impartito in spagnolo), nelle interviste post-gara si abbandona ad uno sfogo sulla sistematica mancanza di lealtà del collega, dimenticando forse tutte le occasioni in cui si è comportato da autentica giovane marmotta pur di fare gli interessi di una scuderia che l‘ha giubilato sin da inizio stagione. Non ce ne voglia Leclerc, ma anche tutto il soliloquio finale sulla ripromessa di lavorare esclusivamente su sé stesso suona quanto mai stucchevole e forse un po’ stereotipata, soprattutto pensando a chi dividerà con lui il box l’anno prossimo.  Secondo il nostro modesto parere, Leclerc su sé stesso ha già lavorato anche troppo bene e l’unica critica che si può muovere a Sainz riguarda la cuffia con la quale si è presentato sul podio. Probabilmente, nei concitati team radio con il muretto qualcuno si è dimenticato di ricordargli che stava correndo un Gran Premio di Formula Uno e non una gara di sci di fondo… Speriamo che Vasseur faccia chiarezza, scegliendo l’idioma che più gli aggrada.

Note di merito per Lawson e Tsunoda, piloti che si rivelano sempre più veloci e coriacei, nella loro lotta fratricida per la successione al trono di Perez, impegnato anche a mettere una pezza ad alcune dichiarazioni fuori luogo del padre e menzione d’onore per i meccanici della Williams, fenomenali a rimettere insieme la monoposto di Colapinto dopo un suo violentissimo botto in qualifica, dovuto forse anche al forte odore di marijuana proveniente dalle tribune, di cui si sono lamentati in molti. L’argentino sta comunque mettendo seriamente in crisi i bilanci del team di Grove e l’apparire nel ridicolo spot di una marca di birra suona quasi come una presa in giro. Argentini, non comprate il suo merchandising e non bevete quella birra!

Arrivederci domenica prossima in Qatar, pista sulla carta favorevole alla Mc Laren (quanto Las Vegas alla Ferrari), dove il team papaya si gioca il primo match point per il titolo costruttori. 

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