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FORMULA 1 | GP ARABIA SAUDITA 2025 | Leclerc e Verstappen, risurrezione a metà??

by Massimiliano Franchetto
Oscar Piastri vince vince anche il GP dell’Arabia Saudita

Oscar Piastri bissa il successo del Bahrein vincendo anche il GP dell’Arabia Saudita, disputatosi nella domenica di Pasqua sull’insulso circuito cittadino di Jeddah, iniziando così a prendere un certo margine nella classifica del Mondiale, tuttavia la gara verrà ricordata soprattutto per il piccolo capolavoro compiuto da Leclerc, bravissimo ad arraffare un podio dietro all’australiano ed a Verstappen. L’ennesima magia del monegasco, sulla quale ci soffermeremo in seguito.

Nelle qualifiche del sabato, Max, al volante di una Red Bull comunque più a suo agio tra i curvoni di Jeddah che tra i tornantini che caratterizzano il tracciato di Sakhir, riusciva a  centrare la pole position, aiutato anche da una scia “tirata” da Tsunoda,  proprio davanti a Piastri, il super favorito della vigilia insieme, ovviamente, a Norris, poi relegato in quinta fila a causa del botto nella Q3.

Benché  il successo di Piastri sia anche frutto di un’esitazione al via di Verstappen, apparso più preoccupato di chiudere la porta in faccia alla Mc Laren che di scattare bene, la decisione con cui Oscar ha infilato il campione olandese alla prima curva, facendolo incappare in una penalità di cinque secondi per aver tagliato nella via di fuga, è apparsa un po’ come un atto di aperta ribellione agli stucchevoli atteggiamenti intimidatori dell’olandese, una ribellione che quasi certamente sfocerà, nel corso della stagione, in un acceso dualismo che Max sembra mal digerire. A riprova di ciò, la sua stizzita espressione sul podio, dovuta non solo alla sua consueta sportività di fronte alle decisioni dei commissari, qui presieduti da Enrique Bernoldi che, ai tempi della Arrows, sembrava guidasse un autoarticolato pur di tenersi dietro gli avversari, ma anche dall’aver incontrato in Piastri un rivale decisamente tosto, che dietro ad un sorriso da studente di ingegneria fuori corso, sembra nascondere un suo sottile piacere nel “denudare il Re”.

Chiude il podio Leclerc, autore di una mezza impresa di guida e di strategia, prima allungando di otto-nove giri rispetto agli avversari il primo stint su mescola media, poi mantenendo un ritmo indiavolato con pneumatici a fine vita. Infine, sfruttando le gomme più fresche, il monegasco riusciva a superare agevolmente Russell ed a resistere autorevolmente, nelle ultime dieci tornate, al ritorno di Norris, prendendosi così una piccola rivincita per il podio sfumato in Bahrein e rischiando di far saltare le coronarie a milioni di appassionati, che ringraziano sentitamente.

Il divario tra la bella prestazione di Carletto e l’opaca gara di sir Lewis, settimo dietro alle Mercedes, sta scatenando una pletora di farneticazioni tra la stampa ed i social, impegnatissimi a costruire una sorta di “caso Hamilton”, sul quale ci pare opportuno spendere due parole.  Hamilton è approdato in Ferrari trovandosi in mano una monoposto della quale non ha potuto, ovviamente, seguire lo sviluppo sin dalla fase progettuale, pertanto è assolutamente naturale dover affrontare un percorso di adattamento di almeno sei o sette gare prima di arrivare a “sentirsi addosso” la vettura e poterla sfruttare anche oltre il limite, come invece sta facendo Leclerc. Illuminanti le dichiarazioni di entrambi: se Lewis ha ammesso apertamente che la SF25 si adatta perfettamente allo stile di guida del suo compagno di team, lo stesso Charles, sin dal Bahrein, ha dichiarato di aver intrapreso una strada tutta sua relativamente ai set up, strada che evidentemente sta portando a risultati concreti. Negli anni Ottanta o Novanta sarebbe bastato far macinare a Hamilton un po’ di chilometri a Fiorano per superare il problema. Ciò che tifosi e, in qualche caso, anche giornalisti sembrano non voler capire, rimarcando continuamente il distacco tra i due, è che tutto ciò era assolutamente da mettere in preventivo già da prima dell’inizio del Mondiale, a prescindere dall’inaspettata vittoria di Hamilton nella gara sprint di Shangai. Siamo sicuri che questo l’abbia capito anche sir Lewis per primo, oltre a Vasseur (ma ciò è scontato).

Lo stesso discorso potrebbe valere per Norris, le cui “fragilità” sembrano diventate un tormentone estivo, di quelli che ti perseguitano dagli altoparlanti delle spiagge sulla riviera romagnola. Lando ha compromesso la sua gara finendo a muro nelle qualifiche del sabato, un errore che nell’arco di un campionato così lungo ci può anche stare. In conseguenza di ciò è partito con una strategia diversa ed ha rimontato fino al quarto posto, dietro ad uno strepitoso Leclerc di cui si è già detto, ottenendo il miglior risultato possibile e raddrizzando così un weekend alquanto problematico. Rivangare continuamente su quelli che possono essere stati suoi momenti “difficili”, dei quali non ha mai fatto mistero, ci sembra tutto sommato irrispettoso e troppo in linea con quella “formula-masterchef” che piace tanto a Marko ed a Briatore, prova ne siano le dichiarazioni di una persona intelligente come Vettel, che l’ha difeso a spada tratta. Il campionato è ancora lungo, di errori ne commetteranno sicuramente anche gli altri, compreso Piastri, che, indipendente dal suo grande momento di forma, finora non ha mai dato prova di grande costanza di rendimento.

Gara un po’ sottotono per le Mercedes, quinta con un Russell meno incisivo del solito e sesta con Antonelli, impegnato a svolgere il suo “compitino” barcamenandosi tra problemi gastro intestinali ed il pensiero degli esami di maturità.

Note di encomio per Sainz, a punti con la Williams davanti al suo compagno di squadra e sempre più orientato a calarsi nel ruolo di, ahi lui, “nobile decaduto” e per Bortoleto, che ha rischiato di buttare fuori il suo manager Alonso mentre erano in lotta nelle retrovie, senza per questo essere convocato nel suo ufficio con le poltrone in pelle umana e finire a nuotare in un acquario.

Arrivederci fra due settimane a Miami, altro tracciato cittadino sul quale la Red Bull potrebbe rendersi pericolosa ma sul quale la Ferrari non dovrebbe sfigurare, il tutto in un’atmosfera talmente pacchiana da far sembrare una palla di vetro con all’interno la miniatura della basilica di San Marco un oggetto di design.   

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