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FORMULA 1 | GP AUSTRALIA 2023 | F1 Australian Open…

by Massimiliano Franchetto

Verstappen ha vinto da copione il GP d’Australia, disputatosi sul tracciato cittadino dell’Albert Park di Melobourne, davanti ad un solido Hamilton ed all’ormai abbonato al podio, nonostante tutti i tentativi più o meno ortodossi di buttarlo giù, Fernando Alonso.

La gara ha avuto uno svolgimento tutto sommato regolare, dopo un primo start in cui un pimpante Russell è riuscito a prendere il comando alla prima curva scavalcando l’olandese, mentre Leclerc finiva nella ghiaia dopo una toccata con l’Aston Martin di Stroll, evitando così di dover affrontare cinquantotto giri pericolosissimi per il suo benessere epatico.

Russell ha condotto autorevolmente la gara, con una Mercedes a pance strette in pre-pensionamento, fino a quando il suo box non ha deciso di richiamarlo per un inutile cambio gomme, mentre sir Lewis sembrava aver ritrovato lo smalto dei bei tempi, sorpassando con decisione Verstappen dopo poche curve dal via. Sin qui tutto bene, poi il buon Albon finisce a muro con la sua Williams, provocando una safety car prima ed una bandiera rossa poi (oltre che un mezzo infarto a Hulkenberg ed agli spettatori che hanno rivisto l’incidente dalla sua helmet camera) e qui la Mercedes conferma che il suo approccio alle strategie di gara è paragonabile a quello del sottoscritto verso la poesia surrealista coreana: perché richiamare Russell dopo soli sette giri, facendogli perdere il comando e togliendo a Hamilton la possibilità di usare il DRS per difendersi da Verstappen? Puntualmente, tre giri dopo la ripartenza l’olandese lo svernicia letteralmente.

Inizia così una fase centrale in cui i migliori piloti del mondo si mettono in modalità di cosiddetto “tyre management” per arrivare in fondo con la mescola dura, che tradotto significa girare due secondi più lenti del proprio potenziale ragionando come un rappresentante di mangime per polli che per contenere le spese sa che deve far durare un treno di gomme per almeno due anni. L’unico a ravvivare gli animi è Sainz che dopo la ripartenza ha iniziato una martellante rimonta, impreziosita da un bel sorpasso a Gasly, arrivando così ad illudere i tifosi della Ferrari e forse anche un po’ sé stesso di potersi giocare il podio.

Ritirato Russell per un problema al motore, si procede così con fino a quando, a quattro giri dalla fine, FIA e direzione gara trovano il modo di dare prova, come sempre, della propria totale incapacità di usare un minimo di buon senso.

Magnussen rompe un cerchione, disseminando così la pista e, pare, anche una tribuna, di detriti, causando quindi un’ulteriore safety car e poi una doverosa bandiera rossa.  Ha senso dare una nuova partenza da fermo per completare gli ultimi due giri? Assolutamente no, pertanto la direzione gara dirama il comunicato ufficiale che ci sarà una nuova “standing start”, con tutti, ovviamente, su gomma rossa. Nel frattempo il buon Fernando Alonso, sentendo l’odore del terzo podio consecutivo, strappa all’Aston Martin un contratto a tempo indeterminato come meccanico addetto al carrello degli pneumatici: chapeau di fronte ad un ragazzo volonteroso che si è così garantito un avvenire.

Si riparte e, com’era facilmente prevedibile, si scatena il caos: Sainz tocca malamente Aolnso tentando di soffiargli un meritatissimo terzo posto, mentre dietro Gasly getta alle ortiche una gara maiuscola, spedendo a muro il suo compagno di team Ocon ed inducendo il management dell’Alpine a rivedere il proprio  punto di vista nei confronti dell’uso della tortura. Nemmeno Grosjean sarebbe riuscito a fare di meglio.

Nuova bandiera rossa e penoso siparietto su quale dovrebbe essere l’ordine per la nuova, assurda ed inutile ripartenza dietro la safety car, quando, da sempre, per regolamento si tiene conto della classifica al giro precedente l’interruzione, mentre un attonito Sainz apprende che gli verrà comminata una penalità di cinque secondi in seguito al contatto con Alonso.

Alla fine si svolge l’ultimo giro con telegenico arrivo sotto la bandiera a scacchi e con ennesima perdita di credibilità di chi gestisce la massima specialità dell’automobilismo, tra deliri che parlano di abolire completamente test e prove libere per arrivare a correre oltre trenta gare all’anno, magari in paesi che hanno una consolidata tradizione in tema di Motorsport, come ad esempio l’Azerbeijan, dove la F1 farà tappa fra un mese.

A Baku, su un tracciato cittadino dalla cornice suggestiva, ma che tecnicamente sembra solo la versione allungata di Long Beach, vedremo se la Mercedes farà debuttare la nuova monoposto a pance larghe e se la Ferrari e gli altri team sapranno capitalizzare la lunga sosta per ritrovare una maggiore competitività.

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