Apriamo questo “articolo” con uno scoop: Verstappen ha vinto il GP del Brasile, disputatosi sul bellissimo tracciato di Interlagos, abituato, forse da decenni, ad essere testimone della stesura di autentiche pagine di Storia del Motorsport, tra le quali non rientra certo l’ennesima vittoria del campione olandese. Nel bene o nel male, i veri protagonisti sono stati Leclerc ed Alonso, i due nomi che, forse per decenni, milioni di appassionati non potranno fare a meno di associare a questa gara.
Il weekend della Ferrari era partito sorprendentemente bene, con Leclerc che, nelle qualifiche per il GP della domenica, riusciva ad arpionare un’ottima prima fila sotto un cielo plumbeo, che lasciava presagire il diluvio che avrebbe indotto la direzione di gara a sospendere la sessione. A tutto ciò era seguita una sprint race al sabato corsa quasi in sordina e chiusa faticosamente al quinto posto, con l’intento di preservare un treno di gomme soft nuove per la domenica, quando, allo spegnimento dei semafori, Leclerc sarebbe dovuto scattare appunto accanto a Verstappen. Tuttavia, un guasto al sistema idraulico della sua monoposto, stando a ciò che avrebbe raccontato nella successiva intervista, ha trasformato il monegasco nel ragionier Leclerc Charles (numero di matricola 7829/bis) dell’ufficio sinistri, con la Rossa a muro nel giro di formazione e gli esagitati telecronisti di Sky pronti ad invocare un pellegrinaggio a Lourdes, credendo forse di rubarci una battuta che tiriamo fuori dall’inizio del Mondiale. Solo che nel nostro caso non è una battuta.
Nel caso che l’ipotesi del pellegrinaggio si concretizzi, il buon Ricciardo potrebbe tranquillamente far compagnia a Leclerc, dato che il Fernandel australiano, dopo essere stato urtato da un pneumatico vagante in seguito all’autoscontro al via tra Magnussen e Albon, si è visto costretto a partire doppiato dai box al successivo restart e, pur pagando un giro di ritardo, ha mantenuto un passo-gara che gli avrebbe tranquillamente permesso di arrivare tra i primi otto. Il pullman per Lourdes inizia ad affollarsi…
Il vero mattatore di questo GP del Brasile (pardon, di San Paolo, stando ad un’incomprensibile decisione degli organizzatori) rimane comunque Fernando Alonso. Galvanizzato da un’Aston Martin che, abbandonato il nuovo fondo, ha ritrovato la competitività mostrata all’inizio della stagione (prova ne sia anche l’ottimo quinto posto di Stroll), dopo aver superato senza troppe difficoltà le Mercedes, protagoniste di una gara assolutamente anonima a causa di un assetto fin troppo rialzato per eccesso di prudenza, ha resistito strenuamente per oltre una ventina di giri ai ripetuti attacchi di Perez, prima tenendolo fuori per pochi millesimi dalla zona DRS, poi ricaricando il più possibile le batterie nel tratto guidato, in modo da sfruttare la massima potenza disponibile anche del motore elettrico sul dritto. Tutto ciò non è stato altro che il preludio del capolavoro messo in scena all’ultima tornata, quando dopo essere stato infilato dal messicano alla “S Senna”, ha risposto con un magnifico contro-sorpasso all’esterno al termine della “Reta opposta”, tagliando il traguardo con un vantaggio di soli cinquantatré millesimi: un arrivo al fotofinish come succedeva a Monza nella vecchia configurazione priva delle varianti.
Applausi da spellarsi le mani e nomina a Principe delle Asturie, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che Perez guida comunque una Red Bull, la monoposto che, sin dall’inizio, ha ammazzato questo campionato. Non dimentichiamo poi che Fernando, a quarantadue anni suonati, è sceso dalla vettura fresco come una rosa, non mostrando il minimo segno di stanchezza né durante le interviste né sul podio, tanto per smentire la ridda di voci che si sono accavallate negli ultimi giorni, voci che lo davano, se non in Red Bull, pronto al ritiro. A questo punto appare più plausibile vederlo protagonista dello spot dell’olio Cuore…
Arrivederci fra due settimane sul nuovo tracciato cittadino di Las Vegas, talmente brutto da far rimpiangere il “forchettone” sul quale, quarantun anni fa, Michele Alboreto conquistava la sua prima vittoria al volante della Tyrrell.