Sir Lewis Hamilton vince, al volante di una sempre più rediviva Mercedes il GP d’Inghilterra, disputatosi sullo storico circuito di Silverstone dove, nell’ormai lontano 1950, il Mondiale di F1 ebbe inizio. Non ci è dato sapere quali pensieri abbiano attraversato la testa del sette volte iridato dopo la bandiera a scacchi, al di là delle emozioni lasciate trasparire dalle lacrime non trattenute per aver conquistato una vittoria, dopo tre lunghissimi anni di digiuno, vittoria che assume quasi il sapore di una rivincita dopo il furto di Abu Dhabi e contro chi lo dava per “bollito”. Tuttavia non ci sentiremmo in grado di escludere a priori che, visto il grande miglioramento della Mercedes, già al secondo trionfo consecutivo della stagione, forse un piccolo tarlo si stia facendo strada nella sua mente, insinuandogli il dubbio se approdare a Maranello l’anno prossimo sia stata la scelta più azzeccata. Ai posteri ed alla sua manicure l’ardua sentenza.
L’intero weekend è stato condizionato da un’instabilità del meteo tipicamente inglese, che ha penalizzato sia le Ferrari, con Leclerc addirittura fuori dalla Q3, sia Verstappen, costretto a sostituire il fondo danneggiato dopo un’uscita di pista. Al via comunque l’olandese è riuscito come al solito a beffare Norris, tentando di tenere il passo delle Mercedes. L’inglese si rifarà comunque al quindicesimo giro, superando di slancio la Red Bull del campione del Mondo che, dopo il fattaccio di Zeltweg, è apparso stranamente arrendevole.
Tutti con il naso all’insù, fino a quando, dopo un paio di giri, inizia a piovere e sir Lewis manda in delirio il pubblico superando il compagno di squadra in condizioni di aderenza non proprio ottimale, tuttavia entrambi verranno passati dalla Mc Laren che appare nettamente superiore. Le monoposto di Woking al momento sono indubbiamente le più competitive, ciononostante una serie di grossolani errori del muretto, come ritardare le soste sia di Norris che di Piastri per passare alle intermedie prima e tornare alle slick poi, faranno sì che venga sprecata l’ennesima occasione di vittoria. La sensazione è che il buon Andrea Stella debba far compiere al team un salto di mentalità che, ora come ora, appare più simile a quella di un ufficio catastale che ad una scuderia di F1 con velleità iridate.
Ma c’è chi sta peggio, come ad esempio la Ferrari, che è apparsa letteralmente in stato confusionale sin dal venerdì, quando ha deciso di abbandonare, dopo una serie di test comparativi, il pacchetto di aggiornamenti introdotto a Barcellona, reo di far saltellare la macchina nei curvoni veloci, con il risultato di ritrovarsi, di fatto, due mesi indietro rispetto alla concorrenza. In gara poi c’è stato l’errore clamoroso di richiamare Leclerc per montare le intermedie al ventesimo giro, quando venivano giù appena due gocce e la pista era ancora asciutta, penalizzando così la rimonta del monegasco. È evidente che Vasseur non è cresciuto con il colonnello Bernacca ed anche Sainz ne ha fatto le spese, venendo richiamato con un giro di ritardo per tornare alla slick e perdendo così la quarta piazza a favore di Piastri.
Nota di encomio per Nico Hulkenberg, arrivato sesto dopo una delle sue gare tutta sostanza e per Stroll che, incredibile ma vero, si è piazzato davanti al suo illustrissimo compagno di squadra Alonso.
Sul podio grande festa per sir Lewis, con mamma, papà e pubblico festante, in un clima da patriottico “volemose bene” dove, udite udite, persino Verstappen ha sorriso pur non avendo vinto. In fondo, Hamilton è amatissimo dentro e fuori il suo paese e la sua popolarità deriva forse dal fatto che è una perfetta incarnazione di quel modello di mascolinità nera inglese più british di Michael Caine, Roger Moore o di un pasticcio di carne.
Arrivederci fra due settimane sul toboga di Budapest, dove forse i difetti della Ferrari risulteranno meno evidenti.