Max Verstappen torna alla vittoria nel GP di Miami, disputatosi sull’anonimo tracciato cittadino che si snoda attorno all’Hard Rock Stadium, nella solita pacchiana cornice in bilico tra la sagra paesana e il party hollywoodiano che caratterizza ogni evento sportivo a stelle e strisce.
Se dopo la vittoria di Perez a Baku qualcuno aveva fantasticato che si innescasse una sana rivalità tra i portacolori della Red Bull, la gara di ieri ha, com’era facilmente prevedibile, demolito ogni speranza in tal senso e le dichiarazioni nel pre-gara del messicano denotano una totale mancanza di senso della realtà oltre che un eccesso di autostima: “sono in pole mentre Verstappen parte nono,” aveva affermato in un’intervista al sabato “quindi non credo riuscirà a raggiungermi”. Le ultime parole famose, dato che, manco a dirlo, l’olandese si è lanciato in una fantastica rimonta che, sfruttando la strategia di partire con gomma dura, gli ha permesso di allungare il suo stint e di prendere il comando al momento della sosta di Perez, rimonta che l’ha visto effettuare anche un piccolo capolavoro come il doppio sorpasso ai danni di Magnussen e Leclerc. Di fronte ad un Verstappen così in palla, alle migliaia di tifosi messicani che affollavano le tribune del circuito di Miami non è rimasto che fare buon viso e tornare con i piedi per terra, dato che difficilmente, salvo il sovrapporsi di una serie di sfortunate circostanze, Super Max risulterà battibile in pista.
Rimanendo in tema di effimere illusioni, la Ferrari si è presentata in Florida con un primo pacchetto di aggiornamenti tra i quali il nuovo fondo, utilizzato in questo weekend dal solo Leclerc, con il risultato che il monegasco ha sbattuto due volte e, per la gara, si è visto costretto a sostituire il cambio. Vasseur, il quale evidentemente ama arrampicarsi sugli specchi, dopo aver abbandonato il mantra del “so dove intervenire”, si diletta nel ruolo di avvocato del diavolo difendendo Charles a spada tratta, sottolineando che è comunque meglio avere un pilota che sbatte perché tira alla ricerca del limite. Una dichiarazione che potrebbe far riaprire a Mick Schumacher le porte di Maranello? Ai posteri ed alla conta dei danni l’ardua sentenza. Il dato di fatto è che il povero Leclerc si è trovato ad arrancare, lottando con la sorprendentemente arrembante Haas di Magnussenn, mentre il buon Sainz ha svolto il suo compitino chiudendo quinto, con tanto di penalità per un’entrata troppo garibaldina nella pit lane. In conclusione, torna d’attualità l’ipotesi di un viaggio a Lourdes, magari per tutto il team e non solo per Leclerc.
Se la Ferrari non riesce a trovare il bandolo della matassa, l’Aston Martin si conferma sempre più Fernando Martin, centrando il terzo podio su quattro gare con Alonso, i cui elogi al suo compagno di squadra Stroll (arrivato fuori dalla zona punti) suonano sempre più sarcastici. Quando si dice investire sui giovani…
La Mercedes, in attesa di pensionare le famigerate “pance strette”, rimedia ad una pessima qualifica, soprattutto nel caso di Hamilton partito tredicesimo, con una decisa rimonta che la vede chiudere con Russell ai piedi del podio e sir Lewis sesto. Realisticamente, l’abbandono di un progetto che si era rivelato sbagliato sin dalla scorsa stagione sembra essere la soluzione migliore per la squadra anglo-tedesca e, probabilmente, far debuttare la nuova versione su un tracciato impegnativo come Imola può fornire da subito riscontri interessanti sul potenziale della nuova monoposto.
Una parola di elogio per Gasly e Magnussenn. Il francese di Milano ha chiuso ottavo con un’Alpine sull’orlo di una crisi di nervi, dove Szafnauer è ormai ai ferri corti con i vertici della Renault che minacciano di giubilarlo. Il buon Pierre ha tenuto una condotta di gara regolare e senza errori, come sa fare lui quando è in giornata, rimediando così all’erroraccio di Melbourne. Magnussenn, dopo una qualifica sorprendente, che l’ha visto centrare una fortunosa seconda fila, ha comunque chiuso decimo, portando la Haas nei punti, forse anche spronato dalle dichiarazioni di Steiner, che l’aveva punzecchiato in vista del rinnovo del contratto per la prossima stagione.
Fra due settimane si torna finalmente a correre su una pista storica, di quelle che sembrano fare così schifo a Stefano Domenicali, ormai totalmente americanizzato: Imola, un tracciato per uomini veri, dove le curve hanno nomi leggendari e non si indicano con dei numeri e dove la Passione, quella vera, rimane per fortuna inalterata, senza dover ricorrere alle pagliacciate che abbiamo visto a Miami.