Essere un pilota Ferrari non è semplice, anche perché entrare nella prestigiosa galleria di quelli particolarmente amati e ricordati dai tifosi non sempre dipende dai risultati. Regazzoni era più popolare di Lauda, Villeneuve è diventato una sorta di icona post moderna e sappiamo tutti che la sfilza di campionati vinti da Schumacher avrebbero perso peso specifico davanti ad un titolo arraffato fortunosamente da Berger o da Alesi. È una sorta di pantheon, di cui si entra a far parte solamente colpendo l’immaginario degli appassionati, quegli stessi appassionati disposti a sacrificare un paio di jeans per scavalcare le reti di Monza in occasione del GP d’Italia o a tentare di accendere un barbecue sotto la pioggia in occasione di una gara di auto d’epoca o di superturismo, per poi convincersi, magari con l’aiuto di qualche grappino, di essere a Donington nel ’93 e vedere Senna camminare sulle acque (anche perché, onestamente, non ci viene in mente nessun altro che potrebbe farlo). Ecco, Leclerc, a prescindere dal suo palmares, fa parte di questo particolare club già da anni ed ogni sua vittoria ha sempre un sapore speciale, forse proprio perché anche lui è un ragazzo speciale: autentico monegasco (non perché la sua famiglia abbia scelto di stabilirsi nel principato per motivi fiscali), il che significa che se in Italia sarebbe benestante, a Monaco sei un piccolo borghese. Perde il padre a causa di un tumore che se lo porta via giovanissimo ed è uno dei pochi piloti della sua generazione ad aver visto due amici morire in pista. Fin dal suo esordio ha sempre mantenuto un basso profilo e spesso si è presentato davanti alle telecamere dicendo “ho fatto schifo”, talvolta prendendosi anche delle colpe non sue, sapendo quanto non sia particolarmente amato dalla Dea Bendata. Francamente, questa storia del “predestinato”, come l’hanno etichettato i commentatori di Sky sta diventando stucchevole.
Chiediamo venia per questo sfogo o sviolinata, a seconda dei punti di vista, che riteniamo doveroso.
A Monza, nella “sua” Monza, Charles e la squadra hanno nuovamente azzeccato una strategia perfetta e coraggiosa, dopo una qualifica così così, dalla quale era emerso che né le Rosse e né le Red Bull riuscivano a far lavorare adeguatamente le gomme soft, pertanto, quanto tutti, a causa del nuovo asfalto, si sono sentiti costretti ad optare per due soste, la Ferrari ha scelto di effettuarne soltanto una per entrambi i piloti, mettendo così Leclerc in condizione di prendere il comando e di tenerselo.
Al via le premesse erano ben diverse, con una prima fila tutta Mc Laren, comunque la vettura migliore, e le dichiarazioni di Piastri che si era detto assolutamente disposto a fare di tutto per aiutare Norris a conquistare il titolo. Non a caso, allo spegnimento dei semafori, i papaya-boys ci hanno offerto un duello ruota a ruota (come urla sempre un tale a cui vorremmo fregare il posto) culminato con il durissimo sorpasso dell’australiano ai danni dell’inglese alla Roggia. Al confronto le Idi di Marzo sembrano “Biancaneve e i sette nani”. Lo splendido azzardo di Piastri ha poi esposto Norris all’immediato successivo attacco di Leclerc alla prima di Lesmo, permettendo così al monegasco ed al suo muretto di elaborare la scelta, apparentemente impensabile, di fermarsi una sola volta, facendo durare gli pneumatici hard per ben trentotto giri e regalandoci un finale da cardiopalma, nel quale Charles ha dato prova del suo immenso talento continuando a girare su tempi mostruosi con gomme finite, proprio mentre Piastri tentava di riprenderlo, rosicchiandogli quasi un secondo al giro, forte delle sue coperture nuove e del passo che gli consentiva la sua Mc Laren (nonostante anche a lui il team avesse proposto di tentare un’unica sosta). Alla fine, la grandissima prestazione di Leclerc ha persino scongiurato il rischio di un arrivo in volata, con la monoposto papaya a cinque secondi dalla rossa.
Nota di encomio a Sainz, l’ultimo boyscout, che ha fatto quel che ha potuto per rallentare le Mc Laren, chiudendo ai piedi del podio quella che probabilmente è stata la sua ultima Monza da ferrarista.
Leclerc si è aggiudicato anche il premio speciale “Kimi Raikkonen”, rispondendo con il classico “leave me alone” al suo ingegnere quando, negli ultimi giri, gli veniva suggerito di modificare il bilanciamento della frenata, strappando forse un sorriso all’ex campione del mondo, per l’occasione presente ai box (o al bar?)
In conclusione volevamo ricordare che domenica c’è stata un’altra Ferrari vincente, nell’endurance e che del suo equipaggio fa parte un altro personaggio che, pur avendo vinto soltanto un GP, ha dato tanto e continuerà a dare tanto al Motorsport, nonostante sia ormai sulla quarantina: Robert Kubica, della cui drammatica e bellissima parabola parleremo magari in altra sede.
Arrivederci fra due settimane a Baku, l’ennesimo insulso tilkodromo, ricavato in una città comunque splendida, sperando che la Ferrari non costringa mai più i suoi piloti a correre con le vecchie tute della Lotus…