Max Vestappen vince autorevolmente il GP del Qatar, supportato da una Red Bull che sembra aver ritrovato lo smalto perso dopo l’uscita di scena di Adrian Newey, a prescindere dalle discutibili e, talvolta, pericolosamente tardive decisioni della direzione gara, al timone della quale ha fatto il suo esordio Rui Marques, chiamato a sostituire Neils Wittich “dimissionato” a causa dei suoi tentennamenti nel GP di Interlagos. Tuttavia, se il buon giorno si vede dal mattino, la sensazione, assistendo alla corsa dell’emirato, è che si sia passati dalla padella nella brace aggiungendo una componente autoritaria che non fa altro che togliere ulteriormente credibilità ad una FIA che appare sempre più impegnata nell’autocelebrazione che nell’uso del buon senso.
La nuova direzione gara era partita con il piede sbagliato sin dalle qualifiche, decidendo di arretrare il campione del Mondo di una posizione, facendogli così perdere la pole a favore di Russell, per un presunto impeding proprio ai danni dell’inglese, nonostante ciò si sia verificato in un momento nel quale nessuno dei due era impegnato in un giro cronometrato. Un po’ come dire: “Ora comando io e la pacchia (quale non si sa) è finita.
La trebisonda poi è stata completamente persa nell’unica situazione potenzialmente pericolosa, ma comunque gestibile, a patto di far funzionare adeguatamente i neuroni, ovvero nel momento del distacco del famigerato specchietto dalla Williams di Albon, ricaduto sul rettifilo principale in piena traiettoria di sorpasso e rimasto lì per ben cinque giri prima di essere disintegrato da Bottas, causando così le forature di Hamilton e Sainz. Una virtual safety car ed adeguate istruzioni ai piloti sarebbero stati più che sufficienti per recuperarlo, anziché aspettare e rendere necessario l’ingresso della vettura di sicurezza per ripulire la pista dagli insidiosi frammenti di fibra di carbonio. Qui sia Verstappen che lo staff di Rui Marques non hanno perso occasione di mostrare il loro lato peggiore: Max, con l’atteggiamento di un bambino di terza elementare che fa la spia con la maestra, segnalando via radio che Norris non ha alzato il piede in presenza di doppia bandiera gialla, inducendoci a sospettare che possieda una sorta di “terzo occhio” nella nuca anziché al centro della fronte (il fatto che la race direction abbia accesso da remoto alla telemetria in tempo reale è un dettaglio trascurabile). Per tutta risposta gli occupanti della stanza dei bottoni hanno appioppato all’inglese della Mc Laren dieci secondi di stop & go, facendolo precipitare nelle retrovie e costringendolo ad una rimonta che gli ha permesso comunque di arrivare in fondo alla zona punti.
Lungi da noi farci prendere dalla stucchevole retorica di chi rimpiange il Passato in generale e quello dell’automobilismo sportivo in particolare, spacciandolo per una sorta di età dell’oro in cui tutto era fantastico, anzi, è doveroso sottolineare che in tema di sicurezza non si deve assolutamente tornare indietro, con tutto il rispetto per l’incredibile pole position conquistata nel 1999 da Hakkinen a Montecarlo in presenza di bandiere gialle (provocate da un tizio oggi stipendiato da Sky), con tanto di cenno ai commissari da parte del finlandese di aver visto e di avere tutto sotto controllo. Tuttavia, resta il fatto che se la penalità a Norris, in termini di regolamento, è ineccepibile, ad innescarla è stata tutta la cattiva gestione della situazione, inducendoci a sospettare che alcuni posti-chiave siano stati occupati da gente che sinora si è occupata solo di tornei di boccette in spiaggia.
Chiedendo venia per queste considerazioni, il GP del Qatar ha visto comunque una buona prova della Ferrari, giunta seconda con un Leclerc impossibilitato ad idratarsi a causa della rottura della cannuccia a pochi istanti dal via e frustrato, caso strano, dalle insistenti pressioni del muretto che lo invitavano a preservare le gomme. Per una volta, vedendo il comportamento della Ferrari con la mescola media usata nella sprint, dove Leclerc si è tolto la soddisfazione di marcare il giro più veloce proprio nel finale dopo una bella serie di sportellate con Hamilton, forse è il caso di dare ragione ai telecronisti di Sky che si sono strappati le vesti, come nel loro stile, per il fatto che non si è approfittato della neutralizzazione con relativo transito in pit-lane per effettuare una seconda sosta e montare un altro treno di gomme medie nuove, di cui la Ferrari aveva disponibilità, anche considerando che della mescola hard si stavano lamentando un po’ tutti. Ai posteri ed a Vasseur l’ardua sentenza…
Chiude il podio un Piastri un po’ a corrente alternata, seguito da Russell, penalizzato da un pit stop prolungato dai problemi ad una ruota. Quinto un eroico Gasly, bravissimo a contenere la risalita di Sainz dopo la foratura ed a far rivivere allo spagnolo lo stesso incubo di Monza 2020, quando entrambi si giocavano la vittoria, andata in quell’occasione al francese.
Nota di encomio ai meccanici della Williams, che si sono visti costretti a mandare in pista Colapinto con una sorta di puzzle travestito da monoposto a causa della mancanza di ricambi, per poi assistere prima all’incolpevole uscita di pista dell’argentino al via, poi al distacco dello specchietto incriminato dalla macchina di Albon per un cedimento strutturale. Manca solo una gara, poi, forse, riusciranno a tirare il fiato.
Da segnalare anche il grande ottavo posto di Zhou, bravo a regalare alla Sauber i primi, importantissimi, punti stagionali e le lamentele di Alonso, esasperato dalla cronica ed ormai biennale mancanza di velocità massima in rettilineo dell’Aston Martin, smentendo così chiunque sostenga che la pazienza aumenti con l’età. Onore comunque a Fernando che riesce sempre a sfogarsi in modo colorito senza rischiare i “lavori socialmente utili”, vista la piega draconiana che sta prendendo la FIA…
Arrivederci domenica ad Abu Dhabi per l’ultima prova di questa interminabile stagione, dove si assegnerà il titolo riservato ai costruttori, ancora in biblico tra Ferrari e Mc Laren. Come ai bei tempi…